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al testo di Pietro Secchi
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IN MORTE DI PLATONE
Si dice che il corpo fosse ancora teso nell’ultimo spasmo, che il polso con tutte le fibre ancora accompagnasse con la solita pervicacia le dita sul papiro avido di subire e le sopracciglia aggrottate restassero intatte, ché la vita riverente e pudica in quell’incauto abbandono non si sentì di toccarle. Perché non era ella, dipartendosi, che poteva donargli quella pace cocciutamente e ciecamente rifiutata. E qual madre umiliata dalla saggezza dei più giovani, ristette lì, a contemplare quella fronte rugosa, quella rada chioma canuta, fino ad assorbirne parole che ormai uscivano lievi senza più contrazioni di tendini. Si dice che nessuno entrò nella stanza e così fu trovato fermo com’era l’eterno, con lo sguardo aperto e sorprendentemente lieto verso di lei. Che non voleva uscire. Non aveva più catene alle caviglie. La grande, l’antica era stata generata. Suo figlio le aveva teso l’occhio verso il sole. |
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